Carissimi Fedeli,
1. Mi rivolgo a voi con una breve lettera tramite la quale desidero indirizzare la comune riflessione e azione pastorale del nuovo anno, tenendo conto del cammino della Chiesa italiana. Obbedendo alla carta programmatica del Santo Padre, Evangelii Gaudium, e al mese missionario straordinario di ottobre da lui indetto, siamo spinti con maggior forza a quella svolta o conversione missionaria della quale invero sì parla da parecchi anni.
Già nel 2004 i Vescovi italiani pubblicarono una nota pastorale dal titolo Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, legando strettamente i cambiamenti epocali in atto alla ridefinizione del volto della parrocchia in chiave missionaria. E Papa Francesco ha dedicato il primo capitolo di Evangelii Gaudium alla trasformazione missionaria della Chiesa, andando alla radice di questa esigenza, rilevata decenni prima con l’indizione del Concilio Vaticano II. La ormai nota espressione di “Chiesa in uscita” indica, infatti, l’uscita missionaria: «La Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che sì coinvolgono, che accompagnano, che
fruttificano e festeggiano» (EG 24).
Ovviamente questo slancio, scandito nelle cinque azioni suggerite dal Pontefice, sulle quali dobbiamo riflettere insieme nei Consigli Pastorali, proviene dalla comunione d’amore con il Cristo e dalla forza che sì sprigiona dalla sua Parola. Il Papa non nasconde che questa uscita significhi una vera conversione, tale da cambiare la situazione e le condizioni attuali delle comunità ecclesiali: «Spero che tutte le comunità facciano in modo di porte in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno» (EG 25). Perciò egli sogna una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, sì può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia (cf. EG 27).