«Concedi a noi, partecipi della sua consacrazione, di essere testimoni nel mondo della sua opera di salvezza» Così abbiamo pregato poc’anzi ricordando che la missione della testimonianza è radicata nella partecipazione alla consacrazione del Figlio incarnato. Come testimoniano i martiri, il cuore della missione è la pura presenza confessante la fede. Tale presenza diventa insopportabile per il mondo guidato dal suo principe, tanto da arrivare quasi banalmente alla sua eliminazione. «Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso», sostiene stupita Hannah Arendt assistendo al processo di un protagonista dello sterminio nazista degli Ebrei. Il senso di questa presenza confessante ci fa ritrovare il cuore della vita sacramentale che celebriamo nella liturgia crismale. La fonte di questa vita è la consacrazione di Cristo, definito sacramento primordiale da un teologo contemporaneo: l’intera divinità del Figlio abita ed è presente in Gesù di Nazareth, sì che Questi affermi:«Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (Gv 2, 19). La sua presenza perfettamente umana che confessa il Padre è eliminata; la consistenza storica di questa presenza, con la corporeità, il suo parlare ed entrare nelle relazioni piccole in un luogo geografico circoscritto rende testimonianza al Padre: «Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro» (Gv 17, 6-8).