LA LUNGA NOTTE DELLE CHIESE / La riflessione del vescovo Raspanti

Giugno 2024

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Il vescovo Raspanti: “‘Trovami’ è diverso da ‘Cercami’; il nostro Dio vuole essere cercato perché ci ha già trovato”

Durante la “Lunga notte delle chiese” del 7 giugno 2024, organizzata dall’Associazione Cento Campanili, è stata presentata una riflessione dal vescovo Raspanti intitolata “Trovami nell’intimità del cuore”.

L’incontro si è svolto nel salone dell’Episcopio, vicino la cappella, un luogo semplice ma simbolico, arricchito con reliquie di santi e opere di Paul Weingarten, un artista ebreo amico del vescovo Raspanti. I quadri raffigurano scene del vangelo di Giovanni, come il Crocifisso con lo “Stabat Mater”.

La riflessione ha sottolineato l’importanza del Crocifisso e dell’Eucaristia, segni della presenza di Dio e del legame con la comunità. Il palazzo episcopale, pur semplice, ha un grande valore simbolico per la diocesi.




LA RIFLESSIONE DEL VESCOVO ANTONINO RASPANTI

Avete sconvolto le abitudini serali di questa casa, in cui normalmente di sera non ci sono attività: si spengono le luci con il calo del sole ed è raro che, dopo il tramonto, si svolgano attività.

Mi è stata assegnata una piccola riflessione che s’intitola: “Trovami nell’intimità del cuore”, una cosa non semplice. Ed io, inevitabilmente, parto dalla cappella.

Questo alle mie spalle è il muro della cattedrale, perciò varcando quella soglia, si entra in cattedrale. Questa cappella è sopra la navata di sinistra, più o meno prospiciente l’entrata della sagrestia. Da giù si vede la finestrella cui la nostra guida faceva riferimento. Sono sicuro che sarete curiosi di guardare anche voi attraverso la finestra.

La cappella è  molto semplice; io l’ho trovata completamente disadorna, non vi era proprio nulla, se non un tabernacolo riportato da altrove e posto nel luogo in cui è adesso. Con la comunità “Giovanni XXIII”, che ha la falegnameria a Linera, abbiamo chiesto di fare l’altare e il leggio e il supporto del cero pasquale. Ho messo insieme delle reliquie di alcuni santi moderni: c’è quella di p. Puglisi, c’ è quella di p. Gabriele Allegra, e qualcuna un po’ più antica che vedrete. Ho messo delle reliquie di santi contemporanei oltre, ovviamente, al SS. Sacramento.

Poi ci sono questi quattro quadri, che sono stati illustrati abbondantemente. Essi nascono da un mio rapporto di amicizia con una persona americana, Paul Weingarten. L’ho incontrato prima di essere nominato vescovo, attorno al 2008 nella città di Manhattan in NYC; egli non è cristiano, è di fede ebraica.

Egli vive in una cittadina del vicino New Jersey e con lui è nato una profonda amicizia, una intensa conversazione su argomenti più vari e quasi una ricerca spirituale nel rispetto reciproco. In riferimento alla “intimità del cuore” che stasera è a tema, mi sovviene la percezione in questa persona di un’intimità del suo cuore, dove conserva una profonda religiosità e una ricerca. Pur non avendo una particolare pratica ha certamente una straordinaria sensibilità umana e religiosa.

Ho notato, ad esempio, nella sua produzione — alcune tele si ritrovano anche in internet — una evoluzione; i quadri più recenti sono più luminosi hanno colori più luminosi, mentre questi sono un po’ scuri, come vedrete. Annoto ciò per dire come io stesso mi trovo in un rapporto dal quale ricevo molto.

Quando sono diventato vescovo, lui mi disse: “Io ti voglio dipingere dei quadri, io non sono cristiano, ma tu mi devi dare un tema e io, obbedendo alla tua indicazione, ti dipingo dei quadri”. Poiché io sono appassionato soprattutto del vangelo di Giovanni, gli ho chiesto di meditare e dipingere tre scene del vangelo di Giovanni: il primo è il Crocifisso, lo “Stabat mater”, cioè Giovanni con la Madonna ai piedi della Croce. Il risultato è sconvolgente, un quadro straordinario, soprattutto vedendo che non è un cristiano ad averlo dipinto.

Poi le nozze di Cana e il dialogo di Gesù Risorto con Pietro sulla riva del lago di Tiberiade dopo la pesca miracolosa, quando Gesù chiede a Pietro per tre volte: “mi ami tu più di costoro?” e Pietro risponde: “Sì, Signore, lo sai che ti amo” per tre volte. Poi lui mi ha dipinto altri quadri che ho di là.

Mi fermo solo sul Crocifisso, sulla scena dello “Stabat mater”. Non lo devo commentare: lo vedete da voi, ma vi faccio notare una cosa che probabilmente vi può sfuggire: dalla parte, sinistra della Croce, se ricordo bene, Paul ha messo il capro, piccolissimo, il capro espiatorio. È un rito previsto dalla liturgia ebraica, il giorno del Kippur. C’è una preghiera che il sacerdote fa sul capro, sul quale scarica idealmente tutti i peccati del popolo e che è il punto culminante della purificazione. Poi lanciano il capro a perdere nel deserto, come se questi si caricasse e portasse via i peccati del popolo. Mi ha molto colpito che lui lo abbia messo a fianco del Crocifisso, segno evidente che sente bene il valore del Crocifisso; in verità è il modo con cui lui lo ha dipinto che a me colpisce; ognuno di voi gli darà la sua lettura personale.

Dico questo perché, a mio modo di vedere il “Trovami nell’intimo del cuore” è  la mia vita qui. Poi penso anche ai miei predecessori, l’invito del mio ministero e la mia vita personale e quotidiana, partono esattamente da questa cappella e da quello che questo quadro rappresenta, perché mi riporta al centro del cristianesimo che è la crocifissione, mi riporta al cuore di Cristo che si dona, ma anche al cuore della Chiesa. Ricorderete infatti che lì Gesù dice a Maria “Ecco tuo figlio” e a Giovanni “Ecco tua madre”. È il simbolo della preghiera, è il simbolo della Chiesa che nasce nella maternità di Maria verso tutti noi, ed è contemporaneamente, essendoci l’altare e l’ Eucaristia, il luogo da cui tutto promana. Dalla finestrella si vede il SS. Sacramento giù in cattedrale, ma è qui che io celebro la messa quando non la celebro all’ esterno.

Per quanto questo palazzo sia adattato, cioè non è nato palazzo episcopale ma è stato adattato, il fatto che i miei predecessori abbiano creato la cappella nella cattedrale, significa che tutti voi – perché la chiesa cattedrale rappresenta tutti voi, la diocesi, il popolo di Dio, – siete simbolicamente qui presenti.

Pertanto io vivo ogni giorno questo rapporto con tutti voi nel Sacramento che si celebra. Naturalmente voi non siete qui fisicamente, ma per me siete presenti non solo nella cattedrale e nell’ altare, ma anche attraverso quel quadro in Maria e in Giovanni, perché noi siamo “Giovanni” siamo i figli, rappresentati da Giovanni.

“Trovami” che è diverso di “Cercami”; il nostro Dio vuole essere cercato, ma come ha detto S. Agostino in maniera straordinaria, vuole essere cercato perché lui ci ha trovato; “Io non ti cercherei se tu non mi avessi trovato”. Quindi l’ invito ” Trovami ” è : Lui ha trovato me-noi, Lui ha trovato noi. L’Eucaristia e il Crocifisso sono il simbolo reale di Lui che ha trovato noi e a lui ci unisce. Per questo noi possiamo cercarlo e con sicurezza trovarlo.

Ora questo palazzo è una costruzione come tutte, come tutte le vostre case, ma a differenza di qualsiasi altra casa nella nostra diocesi, è altamente simbolica perché gli spazi e le stanze sono altamente simboliche. In esse nella fede sia io sia tutti voi, compresa questa sera, viviamo il mistero della fede che ci lega e che ci tiene uniti. Qui ogni fedele di questa diocesi ha il cuore e qui s’incontra simbolicamente, uniti in Ecclesia, con Cristo, abita con lui. Il valore di queste stanze è molto superiore a quello commerciale o anche artistico. Per altro, esse non sono di grande pregio rispetto ai palazzi delle diocesi antiche, quelle di antica fondazione (Palermo, Agrigento, Mazara, Messina, Catania, Siracusa).

Questo palazzo è molto semplice, adattato; però il valore simbolico è superiore al valore architettonico. Mi rallegro perché stasera l’esperienza a cui siete chiamati consiste nel fatto che ognuno di voi insieme a me prende coscienza che salire qui e aggirarsi in questi luoghi significa più che come andare a visitare un palazzo privato, così come ha un valore simbolico salire nella casa comunale. Questo ha un valore di fede attraverso cui si apre al rapporto con Dio, col cielo. Ecco perché, alla fine, più che casa del vescovo è la casa della diocesi, la casa del popolo cristiano di questa diocesi. Pertanto vi ringrazio di essere venuti.

Vi ringrazio di essere venuti.

+Antonino Raspanti

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18 Giugno 2024
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