La fede ed il dubbio
Articolo di Francesco Leonardi, teologo
L’ascolto dello Spirito non è una cosa semplice. Una settimana fa concludevamo la riflessione col monito al discernimento, ma ciò è tutt’altro che immediato. Se, come affermava San Tommaso D’Aquino, Dio è infinita semplicità(1) la difficoltà a raggiungerlo procede dalla nostra complessità. Questa, ovvero la molteplicità delle cause e degli effetti entro i quali oscilla la nostra vita, diventa un valore solo se confrontata, o meglio riconciliata, con la calma brezza nella quale si nasconde la presenza del Signore(2). Ci troviamo di fronte a due elementi discontinui tra loro: da un lato la complessità del reale indagabile solo a partire dalla domanda; dall’altro la Rivelazione che assume la pretesa di ricondurre alla semplicità il molteplice. Fiumi di inchiostro sono stati prodotti nel corso della storia per cercare un contatto tra i due mondi o sancirne il definitivo divorzio. L’accusa che si rivolge alla Teologia è quella legata alla sua stessa natura: l’Angelico la propone come scientia quae procedit ex principiis noti lumine superiori (3), dipendente dal giudizio divino sulla storia, dato una volta per sempre.
Perciò essa è inaccettabile per il cercatore che fa del suo stesso itinerario di scoperta la possibilità di incontro con la verità finita, non data a-priori, ma sempre passibile di nuove conquiste. Bisogna dire poi che spesso i credenti prestano il fianco all’accusa di non riuscire a vedere oltre il proprio naso, pensando che la Verità accostata una volta per sempre sovrasti qualsiasi possibilità di dubbio. In realtà non c’è situazione peggiore di chi crede di arrogarsi la definitività dello Ius Divinum rimanendo schiavo di un “odio teologico” per tutto ciò che è del mondo, non solo grave a livello morale, ma anche ridicolo sul piano relazionale. Caratteristica fondamentale per la fede è il dubbio, la domanda. Come? Se la Rivelazione, da quanto detto, possiede il carattere della definitività, quale spazio per il dubbio? Quale necessità di nuova ricerca, che non sia quella che si mantiene entro un limite dato? Spesso dimentichiamo che la carne deve essere assunta per dare voce allo Spirito di Dio. Rimane vero che noi cristiani cerchiamo lo Spirito “oltre la carne”, ma scordiamo che questo dono, che in ultima analisi riceviamo senza merito, è frutto della storia di una salvezza realizzatasi nell’incarnazione. In tal senso il dubbio, che ritrae concettualmente il senso del movimento della natura, deve essere superato in nome dello star saldi e della comprensione (4) definitiva, ma non come un incidente di percorso annullato, quanto come chi si trova a gestire una grande energia intuendone la scaturigine. Questo è complicato da attuare; per farlo bisogna guardare in faccia per prima cosa i propri dubbi, le proprie domande, senza paura e senza nascondersi dietro la rigidità di un’apologetica sterile che, alla fine, neanche apologetica si può considerare in quanto non dialoga, ma si affida spesso ai social networks o a mere discussioni salottiere. Si capisce come, invece, ci sia bisogno di molto studio e soprattutto di molta preghiera.
Dalla persona semplice all’accademico, bisogna che tutti si mettano in ascolto di ciò che lo Spirito dice alle Chiese (5) perché l’opposizione tra il riposo del cuore e il moto incessante della ricerca si saldino. L’opposizione alla quale ci riferiamo non è dialettica da superamento in un terzo, ma movimento che introduce il soggetto alla significatività dei due poli. Dio, infatti, resta tale mantenendo la forma della trascendenza, altrimenti non potrebbe esserci salvezza; l’uomo, invece, nonostante sia raggiunto dal definitivo vive sempre una condizione temporale, quindi finita e alle prese con la distruzione della stessa (la morte). Il nodo che salda entrambi si realizza nello stesso ritmo del raggiungersi.
L’aveva ben capito Michelangelo che, nel celebre affresco della Cappella Sistina, ritrae Dio e l’uomo con lo scarto spaziale tra le dita dell’uno e dell’altro, ma sembra porre Dio, quindi l’intero ciclo pittorico, nella condizione di movimento verso la terra sulla quale è disteso Adamo. Quest’ultimo elemento ci introduce al fatto che, in ultima analisi, il “movimento” che pensavamo proprio dell’uomo, in realtà è di Dio. San Tommaso, nella sua Teologia costruita sull’Aristotelismo l’aveva intuito: il Primum Movens è Dio che offre vita alla creazione in atto(6). La fissità, dunque, non è forse una proiezione che la storia ha prodotto riguardo la Teologia, con l’avallo della Teologia stessa? Lo Spirito Santo Amore che si celebra nella Solennità di Pentecoste e quotidianamente nella Chiesa, non è forse il contrario dell’universalismo impersonale? Allora, vieni Spirito d’Amore e insegnaci le cose di Dio!
1 Cfr. San Tommaso D’Aquino, L’Ente e l’Essenza, Roma, 2012, p. 51.
2 Cfr. 1Re 19, 12-13
3 Cfr. San Tommaso D’Aquino, La Somma Teologica P.I, Q.1, A.2, Bologna, 2014, p. 28.
4 Cfr. Joseph Ratzinger, Introduzione al Cristianesimo, Brescia, 2003, p. 69.
5 Cfr. Ap. 2, 7
6 San Tommaso D’Aquino, La Somma Teologica P.I, Q.2, A.3, Bologna, 2014, p. 46.