COMMENTO AL VANGELO / Il potere di un abbraccio

Domenica 30 marzo 2025 - IV Quaresima

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Commento di Don Orazio Tornabene

Liturgia del giorno – Domenica 30 marzo 2025 IV Quaresima

Il Vangelo di questa domenica ci offre la parabola del Padre misericordioso. Siamo nel cuore della Quaresima, tempo di conversione e di ritorno al Padre, e questa parabola ci mostra proprio il cammino di noi figli, peccatori, verso la riconciliazione.

Si tratta dell’ultima delle tre parabole della misericordia che troviamo nel Vangelo di Luca. Sebbene venga comunemente definita “del Padre misericordioso”, il racconto si apre con la figura dei due figli, ponendo inizialmente il padre sullo sfondo. Il più giovane chiede la sua parte di eredità e parte per un paese lontano. Questo gesto, nella cultura ebraica, equivale a considerare il padre come già morto: l’eredità, infatti, si divide alla sua morte, oppure è lui stesso a scegliere di distribuirla. Il figlio, con la sua richiesta, esprime dunque la pretesa dell’uomo di essere autosufficiente, di vivere senza Dio.

L’esperienza della dissipazione conduce il giovane alla fame, alla solitudine e all’umiliazione di dover accudire i porci, simbolo della condizione di lontananza estrema da Dio. Quanti uomini oggi vivono questa illusione di autonomia, per poi scoprire il vuoto esistenziale!

Nel momento più basso del suo percorso, il figlio prende coscienza della sua condizione e decide di tornare: “Mi alzerò e andrò da mio padre”. Questa frase segna l’inizio del cammino di conversione: riconoscere il proprio peccato e desiderare di tornare al Padre.

Ma la parte più sorprendente del racconto è l’atteggiamento del padre: non attende il figlio con freddezza, ma è già sulla soglia, scrutando l’orizzonte. Scrive l’evangelista: “Lo vide da lontano, ebbe compassione, gli corse incontro”. Qui è rivelato il cuore di Dio: un Padre che non giudica, ma accoglie; che ama prima ancora che il figlio chieda perdono.

Quell’abbraccio del padre sgretola ogni parola che il figlio minore aveva preparato. Scioglie tutti i pregiudizi che si era costruito. Quell’abbraccio, come un grembo, rigenera la dignità del figlio.

Ma il padre ha anche un altro figlio, il maggiore. Gesù non termina la parabola con la festa, ma con il dialogo tra il padre e il figlio maggiore, che si sente defraudato dalla misericordia paterna. Questo figlio rappresenta coloro che, pur restando nella casa del Padre, vivono il rapporto con Lui come un dovere, non come una relazione d’amore. Chissà se quel figlio maggiore aveva mai sperimentato un abbraccio del padre oppure si sarà sempre sentito il “migliore”? Quante volte in cuor nostro capita di dire: “Perché Dio permette questo proprio a me, che gli sono sempre stato obbediente?”

Questo dialogo è un monito anche per noi: siamo capaci di gioire per la conversione degli altri? Oppure rimaniamo ancorati a una logica di giustizia umana, dimenticando che Dio è amore? Solo chi sperimenta l’abbraccio misericordioso riflette sul peso delle sue azioni, per sentire nella sua esistenza l’ebrezza di quella stretta liberante.

Questa parabola ci invita a un duplice esame di coscienza:

  1. Siamo come il figlio minore? Abbiamo bisogno di riconoscere i nostri errori e tornare al Padre con umiltà?
  2. Siamo come il figlio maggiore? Rischiamo di vivere la fede come un dovere e di non comprendere la misericordia di Dio?

La Quaresima è il tempo favorevole per fare esperienza della misericordia divina, per tornare a Lui con cuore sincero e per imparare a guardare gli altri con gli occhi del Padre. Dio è sempre pronto a riaccoglierci in quell’abbraccio rigenerante, facendo festa e restituendoci la dignità perduta. Sta a noi scegliere se rimanere fuori a recriminare o entrare nella gioia della Sua misericordia.

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29 Marzo 2025
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