
Commento di Don Orazio Tornabene
Liturgia del giorno – Domenica 23 marzo 2025 III Quaresima
Il Vangelo di questa III domenica di Quaresima ci invita a riflettere sulla necessità della conversione. Gesù prende spunto da due eventi tragici: l’uccisione di alcuni Galilei per ordine di Pilato e il crollo della torre di Siloe. Nella mentalità del tempo, queste disgrazie erano interpretate come punizioni divine per i peccati di chi le subiva. Ma Gesù corregge questa visione: il male e la sofferenza non sono direttamente legati alla colpa personale, bensì fanno parte della condizione umana.
Tuttavia, questi eventi non devono lasciarci indifferenti: sono un segno, un richiamo urgente alla conversione. Gesù ammonisce: “Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”. In altre parole, siccome ci sarà sempre un governatore di turno che ordinerà di uccidere altre persone, così come possono sempre accadere tragedie, non lasciamoci cogliere impreparati. Aveva già detto: “State pronti, perché non sapete quando il Figlio dell’uomo verrà” (Lc 12,40).
Il rischio che corriamo è il lievito dei farisei, l’illusione di sentirci al sicuro, pensando che il giudizio riguardi solo gli altri, i peccatori. Ma Gesù capovolge la prospettiva: ognuno ha bisogno di convertirsi. Non si tratta solo di evitare il peccato, ma di cambiare mentalità, orientando nuovamente la vita secondo il Vangelo.
Ma cosa significa convertirsi?
Nella prima lettura (Es 3,1-8a.13-15) troviamo un’immagine per comprendere la conversione. In questo episodio, Dio si rivela come il Dio dei padri, fedele all’alleanza, e si manifesta con il suo nome: “Io sono Colui che sono”. La Quaresima è il tempo per rinnovare il nostro rapporto con Lui, lasciandoci trasformare dalla sua presenza.
1. L’iniziativa di Dio
Mosè non cerca Dio, ma è Dio a chiamarlo mentre pascola il gregge. Questo ci ricorda che la conversione è anzitutto un’opera di Dio: è Lui che ci attira a Sé, accendendo in noi il desiderio di cambiare vita. Come Mosè, dobbiamo lasciarci sorprendere e fermarci davanti ai “roveti ardenti” della nostra esistenza, quei segni – belli o dolorosi – attraverso cui Dio ci parla.
2. Il fuoco che arde e non si consuma
Il roveto che brucia senza consumarsi è immagine dell’amore di Dio: un fuoco che illumina e purifica, ma non distrugge. La conversione non è un’autoimposizione o uno sforzo umano, ma un lasciarsi trasformare da questo fuoco. Significa accogliere il calore di Dio che scioglie le nostre paure e ci rende capaci di amare.
3. Un Dio che scende e libera
Dio vede l’oppressione del suo popolo e scende per liberarlo. La conversione è riconoscere che Dio non è lontano, ma si prende cura della nostra sofferenza e vuole salvarci. Questo richiede la piena fiducia in Lui, lasciare l’Egitto delle nostre schiavitù interiori e intraprendere un cammino di libertà.
Nel Vangelo, dopo aver chiarito che le sciagure non colpiscono solo i peccatori, Gesù racconta la parabola del fico sterile. L’albero che non porta frutti rappresenta chi vive senza lasciarsi trasformare da Dio. La richiesta del padrone – taglialo! – è un monito forte: il tempo che ci è dato non può essere sprecato. Tuttavia, il vignaiolo – immagine del Figlio e della misericordia divina – intercede per concedere ancora tempo. Qui risuona l’invito alla speranza: Dio è paziente, offre sempre occasioni di crescita, ma non possiamo rimandare all’infinito la nostra risposta alla sua chiamata.
La Quaresima è tempo di frutti: il Signore zappa il terreno della nostra vita, lo concima con la sua Parola, ci chiama a portare frutti di conversione. Non si tratta di attendere passivamente, ma di rispondere attivamente alla sua grazia.
Questa Domenica chiediamoci:
- Quali sono i roveti ardenti nella mia vita, i segni attraverso cui Dio mi sta parlando?
- Sto lasciando che il fuoco di Dio trasformi il mio cuore o lo sto spegnendo con le mie resistenze?
- Sono disposto a cambiare il mio cuore per accogliere la vita nuova che Dio mi offre in Gesù?
Sorelle e fratelli, la quaresima è un’opportunità preziosa: accogliere l’urgenza della conversione senza temere il giudizio, perché Dio ci accompagna con pazienza e misericordia.