PADRE SALVATORE ALBERTI – Nel 65° di SACERDOZIO di don Vincenzo Castiglione
Ho accettato con gioia l’invito di venire stasera in Cattedrale per ringraziare il Signore per il dono del Sacerdozio concesso al nostro caro don Vincenzo Castiglione, e al sottoscritto, per cui ho pensato di unirmi a Lui per cantare anch’io ad alta voce la mia lode. La prima domanda che qualcuno si sarà fatta è senz’altro la seguente: che centra P. Alberti con il festeggiato?
Io mi trovo ad Acireale da sessant’anni. Come desiderava il ven.le Mons. G.B. Arista, gli aspiranti o seminaristi dell’Oratorio avrebbero potuto frequentare la scuola nel nostro Seminario. Così anch’io, pur essendo originario della diocesi di Nicosia, dal mio paesino di origine, Cerami (En), venni condotto qui, da un mio cugino, il prof. Michele Cacciato, compagno di studi del compianto P. Cesare Abbate e sposo di una sorella di P. Antonino Maugeri, Cecilia, che molti dei presenti conosceranno.
Ho frequentato pertanto il Seminario dalla prima media alla Teologia.
In prima media ebbi come insegnante di lettere P. Vincenzo Castiglione.
Allora il Padre era giovane, come il mio viceparroco, pensavo (appena 28 anni); anche lui, come il precedente era l’incaricato diocesano delle Pontificie Opere di Assistenza; anch’egli, si chiamava Vincenzo come mio Padre, che io adoravo: era dunque «normale» che lo avessi come punto di riferimento per la mia formazione sacerdotale.
Del primo anno, con gli altri 15 alunni, tra i quali Nino Franco e Salvatore Rovito, ricordo insieme con qualche dolce rimprovero, l’amore che seppe instillarci per il latino, e alla fine dell’anno provai una gioia enorme nel riuscire a tradurre oltre alle favole di Fedro, la parabola della “pecorella smarrita”: ricordo sempre il compiacimento di P. Vincenzo per la mia gioia culturale.
Negli anni successivi, dopo il sacerdozio, non furono molti gli incontri avuti, perché io ero molto impegnato nel nostro Istituto, ma alcuni li voglio riferire.
Al mio arrivo nella parrocchia Suffragio [16.10.1978], mi consegnò generosamente l’Auditorium San Giovanni Nepomuceno, dove già si svolgevano concerti e rassegne di musica organizzati dal Padre, insieme con l’aiuto del giovane Angelo Privitera, che Egli invitò a collaborarmi, come aveva fatto con Lui in precedenza.
Nella parrocchia San Michele mi invitò sia per qualche incontro con un gruppo di preghiera, come anche per la festa di sant’Apollonia: raccontai allora il famoso aneddoto di San Filippo Neri, che al card. Cesare Baronio fece ripetere più volte la stessa predica sulla Santa Martire, con l’aggiunta specifica che “la Santa si era gettata nel fuoco non per suicidio o per disperazione, ma per suggerimento dello Spirito Santo”.
Altro momento significativo furono per me gli Esercizi spirituali predicati a S. Maria Odigitria; qui mi beccai un dolce rimprovero finale: P. Castiglione mi disse che il contenuto dei miei Esercizi era stato ottimo, ma sarebbe stato più efficace se li avessi presentati senza troppa precipitazione!
Un momento particolare di affetto nei miei riguardi fu l’anno nel quale il Padre si sobbarcò al peso di fare da guida spirituale a un gruppo di Novizi dell’Oratorio; ricordo l’impegno settimanale e mattiniero della meditazione dettata ai giovani, insieme con qualche ritiro comunitario svolto in campagna (tra Monterosso e Trecastagni): forse per questo suo ministero non l’ho mai ringraziato abbastanza!
Mons. Arista aveva tanto desiderato che ci fosse in città una chiesa dedicata all’Adorazione perpetua, e per un certo tempo fu la chiesa di San Benedetto ad assolvere tale compito. Il nostro Padre si è prodigato perché in questi nostri tempi lo divenisse la chiesa di san Vincenzo Ferreri, e di tale evento abbiamo festeggiato un anno fa il 25°: sento dire che è desiderio comune che l’attività prosegua, anche dopo il necessario cambio di guardia avvenuto recentemente. Io purtroppo vi ho celebrato solo qualche messa, soprattutto nel giorno della festa del Santo, ma ricordo volentieri tale chiesetta per qualche bella confessione personale con P. Vincenzo.
Cosa aggiungere adesso sul nostro Sacerdozio? Partendo dall’analisi della mia risposta, penso che se ne possa trarre una spiegazione per riflettere anche sull’adesione degli altri: molto dipende dai «modelli sacerdotali» avuti da ragazzi e da adolescenti.
Ricordo giornalmente le belle figure dei numerosi sacerdoti del mio paese di origine, e una anche di Randazzo, quella di Mons. Birelli, innamorato di Mons. Arista, che venne qualche volta a visitarci in Seminario.
Del mio paese ricordo la celebrazione della 1ª Messa di un certo P. Michele Testa, nella cui immagine ricordo c’era riportata una frase, per me decisiva, di San Giovanni Bosco: “Il più bel dono che Dio possa fare ad una famiglia è un figlio sacerdote!”.
Ricordo ancora le centinaia di ragazzi che negli anni 1957-59 partecipavamo ai Grest guidati da un chierico dell’Oratorio di san Filippo Neri, il preside Nuccio Sciacchitano, che non divenne sacerdote, ma fu sempre cristiano autentico e travolgente, come testimoniò alle sue esequie l’allora arcivescovo di Catania, Mons. Luigi Bommarito.
Quanti Sacerdoti, ormai in Paradiso, non ho conosciuto in questi miei sessant’anni! Per apprezzarne il valore, superandone l’aridità che potrebbe venirne fuori da una elencazione arida dei loro nomi, dobbiamo ricorrere – come si fa con la Bibbia – al concetto di risonanza. Ce lo raccomandava a noi sacerdoti, in un corso di esercizi spirituali all’OASI, un bravo Vescovo del Trentino: dobbiamo comporre ciascuno un salmo della memoria, mettendo insieme preghiera e ricordo.
Chiedo scusa già fin d’ora per i tanti nomi che tralascerò, ma desidero ricordarne ugualmente un buon numero, sicuro che tutti, nel ricordo e nella preghiera, ne avremo un grande beneficio, così come s’augurava Giuseppe Cristaldi, nel proporcene alcune figure nel suo “Colloqui col tempo”. Mi permetto infine di aggiungervi in calce[1] i cognomi – pronto, se richiesto, a comunicarveli tutti con l’adeguata risonanza personale di cui dicevo-, ma dispensandovi dall’ascoltarli in questa sede.
Se ne deduce la realtà di sacerdoti molto impegnati nella loro vita ministeriale, ma non disincarnati, e vissuti in “fragili vasi di creta”. Se San Paolo ai prediletti del Signore che sono a Roma può scrivere di rivolgersi a coloro che sono chiamati da Dio ad essere «santi», perché non dovremmo poter dire anche noi che molti sono i sacerdoti santi – più di quanto non si creda e non si dica! – insieme con qualche sacerdote debole, che la Comunità dei fedeli ha saputo però accettare, comprendere, compatire e perdonare.
Forse noi sacerdoti dovremmo riproporre ai giovani d’oggi l’ideale di un Sacerdozio gioioso, entusiasta, quale quello consegnatoci dai Confratelli scomparsi di cui sopra, e dal nostro P. Vincenzo!
Grazie, Signore, per averci scelti; Ti chiediamo perdono per le nostre debolezze, ma Ti chiediamo ancora di darci tanti e santi Sacerdoti per il nostro tempo; siamo sicuri che il tuo braccio di misericordia non s’è mai accorciato, anche nel nostro difficile periodo storico.
A P. Castiglione auguro quei traguardi che il Signore gli propone e che Lui si sforzerà certamente di raggiungere. Abbiamo numerosi esempi di Sacerdoti longevi; ne scelgo due per tutti: P. Vincenzo Gambino dell’Oratorio e il Can. Salvatore Pappalardo, ambedue morti centenari, nel 75° di sacerdozio. Ad multos annos anche a P. Vincenzo! A fra dieci anni!…
Acireale, 7 agosto 2020 P. Salvatore Alberti d.O.
[1] Abbate, Albano, Cristaldi, Calabretta (2), Arcifa, Cristina, Ragonesi, Spina (2), Di Maio, Cantarella, Leotta, Leone, Panebianco (3), Urna, Urso, Lanzafame (2), Cambareri, Pecorino, Zangara, Musumeci, Cannavò (2), Sciuto, Vecchio, Scalia, Gangemi, Magro, Pelluzza, Grasso (2), Strano (2), Mancino, Di Mauro, Privitera (2), D’Urso (2), Pulvirenti (2), Bertino, Giampapa, Leonardi, Maugeri (3), Licciardello (2), Trovato, Micalizzi, Raciti (3), Cosentino, Sinatra, Russo (2), Gresti, Calì, Patanè (2), Fichera, Bacile, Gambino, Pappalardo (2), Chiarenza (3), Cutuli (3), Zito, Zappalà.